Immanuel Kant
Immanuel Kant fu considerato uno degli uomini più metodici della storia; secondo un aneddoto, infatti, gli abitanti del suo paese regolavano i loro orologi basandosi sull’uscita pomeridiana di Kant.
Era figlio di gente del popolo; la madre era pietista, e sebbene Kant abbia elaborato un pensiero molto personale, il pietismo (variante della religione protestante) in qualche modo è presente nella sua filosofia.
Laureatosi va a fare il precettore per circa otto anni, ma continua a studiare, finché diventa professore universitario, vivendo delle tasse che pagavano gli studenti che frequentavano le sue lezioni.
Kant rifiutò ogni proposta di trasferimento e trascorse tutta la vita a Königsberg, e morirà abbastanza anziano; fu quindi un uomo sedentario, metodico e dedicò tutta la sua vita all’insegnamento.
Scrisse tre grandi opere: “Critica della ragion pura” (1781-1787), “Critica della ragion pratica” (1788), “Critica del giudizio” (1790).
Quella di Kant è una posizione tipicamente illuministica, e sono tre le tesi fondamentali che sostiene nella “Critica della ragion pura”:
1. 1. egli ritiene che è compito della ragione verificare quanto della nostra conoscenza ha fondamento razionale e quanto non ne ha;
2. 2. che si potevano trovare le condizioni per cui la nostra conoscenza scientifica, che ha per oggetto i fenomeni naturali, è fondata e certa;
3. 3. che quando trascendiamo la dimensione fenomenica ci sono tanti argomenti pro quanti ce ne sono contro.
Per Kant nell’uomo c’è un’esigenza di assoluto, perché sente il bisogno di andare oltre la conoscenza del mondo fenomenico; chiunque di noi, dice Kant, non si sentirebbe soddisfatto di conoscere tutto del mondo fenomenico, ma si porrebbe anche domande di tipo metafisico. Le due risposte sbagliate a queste domande le danno Jacobi e Mendelssohn secondo Kant.
C’è quindi una molla nell’uomo che lo spinge a domandarsi se c’è Dio, se la nostra anima è immortale e così via. Alla domanda: “Dio esiste?” Kant risponderebbe: “Speriamo!” non ho argomentazioni che mi fondino l’esistenza di Dio, ma nemmeno una fede cieca può farlo; allora, se la ragione è la caratteristica dell’uomo, bisogna utilizzarla.
Kant quindi non condivide né il fideismo, né il razionalismo, l’esistenza di Dio per Kant è un postulato, non il risultato di un ragionamento razionale.
Se togliamo alla ragione il diritto a pronunciarsi su problemi così rilevanti come l’esistenza di Dio, l’alternativa è la superstizione, il fanatismo; soltanto la ragione infatti è comunicabile, l’intuizione non lo è.
Sono mille le ragioni per cui ci dobbiamo affidare alla ragione: intanto per non cadere nel fideismo, e poi se non affidiamo alla ragionala funzione di elaborare argomenti sui quali si possa discutere verrebbe meno la stessa libertà di pensiero.
Kant vuole far salva sia la ragione che la libertà di pensiero. Per questo Kant afferma che è fondamentale “pensare da sé”, cioè cercare nella propria ragione il criterio di verificazione, e che questo è lo scopo dell’illuminismo: l’invito alla ragione.
Riassumendo per Kant non vanno né il fideismo né l’ipervalutazione della ragione; la ragione l’abbiamo, ma entro certi limiti, e la sua è una cultura propriamente illuministica, che difende la libertà di esprimere il proprio pensiero.
Il vero problema che si pone Kant è: come è possibile la scienza? Che la scienza esista per Kant è un fatto indiscutibile, ma lui si chiede cos’è che rende scientifico un sapere?
Questo quindi è il problema di Kant: la metafisica è scienza?
Per Kant nel sapere scientifico hanno importanza sia la ragione, sia l’esperienza.
2. La Critica della ragion pura
Su che cosa si fonda il rapporto tra le nostre idee e la realtà al di fuori di noi? la nostra mente non è passiva.
C’è un concetto di Kant dal quale non si potrà più tornare indietro, e tutte le filosofie contemporanee utilizzeranno questo concetto: la nostra mente è attiva, noi non siamo supini registratori di avvenimenti al di fuori di noi, ma noi elaboriamo con la nostra mente.
Non è vero che siamo passivi nei confronti della realtà esterna, dice Kant, ma la realtà la assimiliamo attraverso i nostri a priori (cioè il nostro corredo mentale di idee che si incontrano con la realtà e producono la conoscenza). La conoscenza è quindi una sintesi di elementi a priori che metto io e di dati che provengono dalla realtà.
Nell’Estetica Kant studia la conoscenza sensibile, cioè il mio vedere qualcosa, e nell’Analitica studia invece la conoscenza intellettiva, dove non mi limito a vedere qualcosa, ma esprimo un pensiero su di essa.
Gli elementi a priori sono il bagaglio naturale che la mente possiede a prescindere dalla mia esperienza.
Per Kant lo spazio è soltanto un’intuizione pura di quel soggetto che noi siamo; lo spazio non è fuori di noi, siamo noi che assegniamo una dimensione spaziale agli oggetti.
Nel nostro sentire gli oggetti li spazializziamo, ma quando li pensiamo e formuliamo dei giudizi su di essi, facciamo intervenire altri a priori che chiameremo categorie.
La differenza tra un’idea e un’intuizione pura è che l’idea ha sempre un contenuto, mentre un’intuizione pura come lo spazio o il tempo non ne ha.
Nella conoscenza intellettiva dunque facciamo intervenire le categorie; per esempio dopo aver visto una penna, per dire che è una penna faccio intervenire la categoria di unità. Sono dodici in tutto le categorie che la nostra mente usa.
Spazio e tempo sono strutture della nostra mente che non ricaviamo dall’esperienza, ma applichiamo all’esperienza.
La nostra mente ha delle forme tramite le quali organizza, sintetizza ed elabora; Kant vuole trovare quegli a priori, quelle forme che fanno sì che un sapere sia scientifico.
Un giudizio consiste nel predicare qualcosa di qualcos’altro. Il nostro parlare è un esprimere giudizi.Ci sono due modi secondo Kant per connettere un soggetto ad un predicato: in maniera analitica ed in maniera sintetica.
Il giudizio analitico è un giudizio nel quale il predicato non mi dice nulla di più di ciò che non mi diceva implicitamente il soggetto. Per esempio dire che un corpo è esteso è un giudizio analitico, poiché nel concetto di corpo è implicito il concetto di estensione. Di conseguenza un giudizio analitico non è un giudizio scientifico perché non incrementa il mio sapere.
Il giudizio analitico è a priori perché non ho bisogno di fare alcuna esperienza per formularlo.
Il giudizio sintetico esprime nel predicato qualcosa che non era implicito nel soggetto;è l’esatto opposto del giudizio analitico, quindi è incrementativi del sapere.
Se io penso un corpo devo necessariamente pensarlo come esteso, ma non necessariamente come pesante; solo dopo aver fatto esperienza di qualcosa io posso esprimere un giudizio sintetico, cioè a posteriori, poiché presuppone un’esperienza, che essendo soggettiva non fa universalità e necessità.
Nella Critica della ragion pura Kant arriva alla conclusione che sono scientifici i giudizi sintetici a priori, poiché i giudizi scientifici devono essere universali ed incrementativi del sapere.
A questo punto la Critica della ragion pura si divide in tre parti:
1. 1. l’Estetica trascendentale: il termine estetica (da che vuol dire sentire, cogliere, percepire, intuire) in Kant non è sinonimo di filosofia del bello, dell’arte, ma viene usato nell’accezione originale dell’etimo greco, quindi studierà gli a priori del nostro percepire sensibile che sono il tempo e lo spazio. Questi a priori costituiscono il filtro tramite il quale mi approccio alla realtà; io non lo so come si vede la realtà, ma so che dotato di questo a priori io la vedo.
2. 2. l’Analitica trascendentale: dove Kant si pone la domanda: quali sono gli a priori della conoscenza intellettiva? Quando cioè non mi limito più ad osservare gli oggetti, ma li penso e formulo giudizi?
3. 3. la Dialettica trascendentale: dove il problema è: quali sono le idee che la mia ragione produce, e queste idee hanno un fondamento scientifico o no?
La possibilità che si diano giudizi sintetici a priori
La scienza pretende che le leggi abbiano validità universale; allora qual è quel giudizio che è scientifico? Secondo Kant è il giudizio sintetico a priori, quindi un giudizio in cui il predicato incrementa quello che esprime il soggetto, e può farlo solo perché fa tesoro dell’esperienza, ma nello stesso tempo propone una conoscenze universale e necessaria, caratteristiche che danno gli a priori.
I giudizi della matematica e della fisica
I giudizi della matematica sono sintetici a priori, perché hanno quella necessità che l’esperienza non potrebbe dare loro.
I giudizi della matematica sono dunque scientifici perché sono universali e necessari e perché sono sintetici, ci0è il concetto del predicato non è implicito nel concetto del soggetto.
La necessità di un’indagine critica sulla metafisica
Come esiste la scienza così esiste pure la metafisica, che è l’esigenza dell’uomo di trovare risposte a domande su Dio, sull’immortalità dell’anima ecc…
Kant sviluppa la sua tesi in merito alla fine della Critica della ragion pura; secondo tale tesi, la nostra ragione produce idee come l’idea di Dio, di anima L’esperienza è ciò su cui i nostri a priori si applicano. Allora l’esperienza senza gli a priori rimane insensata.
I metafisici sono quelli che vogliono ragionare senza dare contenuto ai loro ragionamenti, quindi la metafisica non ha contenuti sensibili.La scienza si ha solo quando gli a priori hanno una base a cui applicarsi, e questa base la dà l’esperienza.Con Kant la filosofia diventa critica della ragione stessa, cioè il tribunale a cui la ragione si deve mostrare per vedere i suoi limiti è la ragione stessa.
IL CRITICISMO E IL CONCETTO DI TRASCENDENTALE
Il termine critica implica il concetto di separare, giudicare; il criticismo kantiano consiste nel fatto che Kant vuole fare della filosofia il mezzo per studiare i limiti e le capacità della ragione umana. La ragione è il soggetto e l’oggetto dell’analisi.
Trascendentale è lo studio delle condizioni a priori della conoscenza e ciò che noi non ricaviamo dall’esperienza, ma che applichiamo ad essa.
E’ quindi una conoscenza che non si occupa di oggetti, ma di come funziona la mia mente per conoscere. Sono trascendentali gli a priori che applichiamo all’esperienza.
L’elemento formale della conoscenza
Trascendentale si oppone ad empirico, ed è opposto anche a trascendente, perché indica una modalità di conoscere; trascendentali sono i nostri a priori, in quanto non derivano dall’esperienza.
L’idea di Dio è un’idea trascendente, perché va oltre la nostra esperienza , invece trascendentali sono gli a priori perché non li ricaviamo dall’esperienza.
LO SPAZIO E IL TEMPO
Se lo spazio è l’intuizione pura del senso esterno, il tempo è l’intuizione pura del senso interno.
Spazio e tempo non hanno una loro realtà assoluta, ma sono la “dote innata” di cui la nostra conoscenza sensibile dispone per potersi rapportare con la realtà.
Tra spazio e tempo è il tempo a giocare un ruolo più forte, perché è a questo che finisco per ricondurre il cogliere qualcosa fuori di me; il nostro sentire il mondo fuori di noi è il nostro sentire il mondo dentro di noi.
LE CATEGORIE E LA LORO DEDUZIONE
Nell’Analitica sono studiate le forme a priori della conoscenza non più sensibile ma della conoscenza intellettiva.
Altra cosa infatti è sentire (nel senso di cogliere, vedere o ascoltare) una cosa, e altra cosa è l’esprimere un giudizio su essa.
Kant parlerà di categorie dell’intelletto che sono trascendentali come lo spazio e il tempo, e sono gli a priori che intervengono quando pensiamo e formuliamo giudizi.
La suddivisione della logica trascendentale in analitica e dialettica
L’Analitica studia le forme a priori del pensiero la Dialettica , invece, studia i “corti circuiti” nei quali la nostra ragione va ad imbattersi quando pretende di andare oltre il mondo fenomenico, cioè quando vuole fare funzionare il pensiero senza dargli un contenuto.
Kant dice che siccome pensare è uguale a giudicare, allora se riusciamo a fare una tipologia dei giudizi possiamo anche individuare una tipologia del pensiero.
Dal giudizio percettivo al giudizio dell’esperienza
Se per Aristotele le categorie erano modi di essere della realtà e anche della mente, per Kant lo erano solo della mente, erano quindi le forme attraverso le quali l’intelletto umano ordina, sintetizza, elabora una realtà altrimenti informe e caotica.
Nella natura noi troviamo non semplicemente oggetti, ma fenomeni che si correlano e interagiscono; la natura non è una somma di singoli oggetti.
Se io vedo un albero, non mi limito a collocarlo nello spazio, ma ne colgo altre categorie, ed esprimo altri giudizi in base agli a priori della mia mente, quindi la nostra mente è attiva, Kant contesta la vecchia tesi stoica secondo la quale la nostra mente è passiva e recettiva, e non è uno specchio che si limita a riflettere le impressioni che arrivano alla mia mente.
La scienza, perché sia tale non deve limitarsi a descrivere i fenomeni, ma deve individuare le leggi che li spieghino.
I concetti puri dell’intelletto o “categorie”
Una volta che spazio e tempo hanno informato i dati materiali dando luogo alle mie percezioni, allora posso esprimere un giudizio.
Per quanto attiene alla quantità un giudizio può essere singolare, particolare e universale; per quanto attiene alla qualità può essere affermativo, negativo e categorico; per la relazione può essere categorico, ipotetico e disgiuntivo; infine per la modalità può essere problematico, assertorio e apodittico.
Risultano quindi dodici categorie, nelle quali rientra qualsiasi tipo di giudizio che noi riusciamo a formulare.
Sostanza e accidente, per Aristotele sono modi di essere, per Kant invece non è la realtà che è distinta in sostanza e accidenti, ma è la nostra mente che la ordina secondo tali categorie.
3 ETICA
Nella Critica della ragion pratica (1788) Kant delineò un sistema etico nel quale alla ragione è attribuita l'autorità suprema in campo morale. Egli riteneva che le azioni di qualunque tipo dovessero fondarsi su un dovere dettato dalla pura ragione e che nessuna azione, compiuta per convenienza o in mero ossequio alla legge o alla consuetudine vigente, potesse essere considerata morale. Kant descrisse due tipi di prescrizioni impartite dalla ragione: l'imperativo ipotetico, che impone un determinato corso dell'azione per raggiungere un fine specifico e l'imperativo categorico il quale impone un corso di azioni che deve essere seguito a cagione della sua correttezza e necessità. L'imperativo categorico è il fondamento della moralità e fu enunciato da Kant in questi termini: "Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo della tua volontà una legge universale". Le posizioni etiche di Kant sono la conseguenza logica del suo credere nella fondamentale libertà dell'individuo, la quale, se rimane indimostrabile nel campo scientifico, trova nondimeno la sua legittimità da un punto di vista morale. Egli considerò la libertà essenzialmente come autonomia, ossia come capacità della nostra volontà di legiferare razionalmente e da se stessa in campo morale.
4 ESTETICA
Nella Critica del giudizio (1790) Kant intese fornire un'indagine intorno alla nostra capacità di giudizio estetico (o "gusto"). Il giudizio estetico, pur fondandosi sul sentimento, è però contraddistinto da una peculiare universalità, seppure di tipo soggettivo, per la quale quando diciamo che un certo oggetto è "bello" siamo consapevoli di oltrepassare il piano di ciò che è soltanto "piacevole" (e relativo a ciascun individuo), per affermare invece qualcosa che può essere condiviso, in linea di principio, da tutti.
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