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lunedì 2 agosto 2010

PETRONIO




L’autore del Satyricon è il personaggio rappresentato da Tacito in Annales, Petronius Niger , console verso il 62 , suicida per volontà di Nerone nel 66 d.C               Descrivendo le circostanze della morte di Petronio, Tacito delinea un personaggio paradossale, inimitabile. Petronio era stato un valido ed efficiente uomo di potere; proconsole e poi console; ma la qualità che lo rendeva prezioso a Nerone era la raffinatezza, il gusto estetico. Tra le suggestioni che balzano alla mente – sono certe figura del Settecento europeo, o del Decadentismo: il cortigiano, il dandy, l’asceta, dell’estetismo. Petronio, spinto al suicidio nel 66 da intrighi di palazzo stupì ancora una volta, realizzando un suicidio paradossale come lo era stata la sua vita. Il suo suicidio sembra essere stato concepito come una parodia del teatrale suicidio tipico di certi oppositori del regime. Incidendosi le vene, e poi rallentando ad arte il momento della fine, Petronio passò le ultime ore a banchetto occupandosi di poesia.
                Quanto alle deduzioni da trarre per l’interpretazione del Satyricon, occorre muoversi con maggiore prudenza.


Il problema del genere e dei modelli
Nell’opera di Petronio, gli studiosi moderni hanno rintracciato elementi del romanzo antico, della fabula milesia, del mimo, della satira menippea, della satura latina.
Rapporti con il romanzo greco: nel satyricon i protagonisti vivono situazioni vivono situazioni simili a quelle del romanzo greco (tempeste, nubifragi, riconoscimenti, travestimenti, fughe, persecuzioni di nemici) su un registro patetico e melodrammatico (lamenti declamatori, tentativi di suicidio, sfoghi epistolari). I protagonisti sono una coppia di innamorati, ma omosessuali; non virtuosi e fedeli, ma viziosi e corrotti. Ascilto ed Eumolpo sono l’antitesi dell’amico leale. Sembra una parodia del romanzo greco, una sorta di antiromanzo: l’idealizzazione sentimentale dell’amore è sostituita dall’irrompere di desideri materiali.
Un’ODISSEA comica: parodia dell’Odissea: Odisseo, perseguitato da Poseidone= Encolpio perseguitato da Priapo (presenza anche di Circe). Ci sono anche altri accostamenti: Gitone che si nasconde sotto il letto come Ulisse sotto il ventre delle pecore…
La Fabula milesia: popolarissimo genere narrativo. Novelle di argomento pe lo più erotico e piccante, narrate con magior realismo delle vicende sentimentali idealizzate del romanzo greco. Petronio fa racconatre a Eumolpo due novelle milesie, quella del fanciullo di Pergamo  e quella della matrona di Efeso .
Rapporti con la satira: incisiva caratterizzazione delle figure dei convitati alla Cena Trimalchionis, il realismo mimetico del’osservazione, il tono arguto e spregiudicato. Ma non ha fini morali.
Rapporti con la Satira menippea: forma prosimetrica (prosa mista a versi), la varietà dei registri stilistici (dal più basso al più elevato), parodia, fusione di elementi realistici e fantastici.

struttura del romanzo e strategie narrative
Satyricon à Il motivo del viaggio, su cui si era modellata gran parte della narrativa antica, nel romanzo di Petronio assume la forma di un affannoso vagare labirintico. Sullo schema del labirinto sono modellati tutti gli episodi del romanzo. Il viaggio di Encolpio è un viaggio a vuoto, nel corso del quale si ritorna sempre al punto di partenza. In chiave simbolica, il motivo del labirinto definisce lo stato di precarietà, di incertezza dei personaggi.

Reralismo mimetico ed effetti di pluristilismo
Ogni personaggio viene caratterizzato dal linguaggio che usa: per questo parliamo di «realismo mimetico». Ci sono due categorie di personaggi: quelli colti, che utilizzano un latino semplice ma elegante e quelli incolti, che si esprimono in un latino fortemente espressivo.

 

 

 

 

 











IL SATYRICON
Pochi capolavori della letteratura mondiale sono segnati da ombre così molteplici e sovrapposte: del Satyricon sono incerti l’autore, la data di composizione, il titolo e il significato del titolo, l’estensione originaria, la trama, per non parlare di questioni meno concrete ma importanti, quali il genere letterario in cui si inserisce e le motivazioni per cui quest’opera per molti versi eccentrica venne concepita e pubblicata.
               
LA TRAMA DEL ROMANZO

                Percorrendo brevemente la trama del Satyricon, terremo presente che il nodo in cui si è formato il testo che abbiamo è assai problematico. La parte più integra è il famoso episodio della Cena di Trimalcione.La storia è narrata in prima persona dal protagonista Encolpio, l’unico personaggio che compare in tutti gli episodi del romanzo. Encolpio attraversa una successione di peripezie, e il ritmo del racconto è variabile; talora scarno e riassuntivo, a volte – come nella cena in casa di Trimalcione – lentissimo e ricco di dettagli realistici.
                Da principio Encolpio, un giovane di buona cultura, ha a che fare con un maestro di retorica, Agamennone, e discute con lui il problema della decadenza dell’oratoria.
                Encolpio viaggia in compagnia di un altro avventuriero, Ascilto, e di Gitone; fra questi personaggi corre un triangolo amoroso. Entra in scena una matrona di nome Quartilia, che coinvolge i tre in un rito in onore del dio Priapo. I riti si rivelano più che altro un pretesto per asservire i tre giovani ai capricci lussuriosi di Quartilia.
                Appena sfuggiti a Quartilia, i tre vengono scritturati per un banchetto in casa di Trimalcione, un ricchissimo liberto dalla sconvolgente rozzezza. Si descrive con abbondanza di dettagli lo svolgersi della cena, una teatrale esibizione di ricchezza e di cattivo gusto.La rivalità omossessuale tra Encolpio e Ascilto precipita; i due, gelosi dell’amore di Gitone, hanno un violento litigio, e Ascilto si porta via il ragazzo. Encolpio affranto, entra casualmente in una pinacoteca, e qui conosce un nuovo personaggio che avrà ruolo centrale in tutte le successive e avventure. Si tratta di Eumolpo, un poeta vagabondo, un uomo anziano ma avventuriero. Eumolpo comincia con l’esibire i suoi doni poetici, recitando seduta stante una sua composizione sulla Presa di Troia. Dopo una rapida serie di peripezie, Encolpio riesce a recuperare il suo Gitone, e a liberarsi di Ascilto, ma non a liberarsi di Eumolpo, che si rivela sempre più come un nuovo aspirante alle grazie di Gitone. Si costituisce così un nuovo terzetto amoroso. Sinora, l’azione si è svolta in una Graeca urbs, una città costiera della Campania. Encolpio, Eumolpo, e Gitone, lasciano precipitosamente la città imbarcandosi, in incognito, su una nave mercantile. Durante la rotta, il padrone della nave si rivela essere il peggior nemico di Encolpio: è un mercante di nome Lica, che ha motivo di vendicarsi per qualche precedente avventura. Eumolpo tenta una mediazione, e fra l’altro cerca di svagare i compagni di viaggio raccontando la piccante novella della Matrona di Efeso. La situazione sembra, comunque, male avviata, quando interviene una provvidenziale tempesta. Il minaccioso Lica viene spazzato in mare, la nave cola a picco, e i tre si ritrovano soli sulla riva.Inizia così una nuova avventura: Eumolpo scopre di essere nei paraggi della città di Crotone. Questa città dal passato glorioso è in mano ai ricchi senza eredi. Durante il cammino verso Crotone, Eumolpo tiene ai suoi compagni una lezione sulla poesia epica, e declama un lungo poemetto sulla guerra tra Cesare e Pompeo, il cosiddetto Bellum civile.
                L’ultima fase del racconto è per noi più difficile da seguire, per lo stato lacunoso del testo di Petronio. Encolpio ha un’avventura con una donna di nome Circe, ma improvvisamente è abbandonato dalle sue facoltà sessuali e per questo perseguitato dal dio Priapo.
                Ancora una volta, quando il nostro testo si interrompe, troviamo il protagonista in una posizione di scacco, creata proprio dal tentativo di liberarsi da una minaccia incombente. Non sappiamo come si concludesse l’avventura di Crotone, né quanto durasse ancora il romanzo; immaginare il finale dell’opera è poi del tutto impossibile. Nessuno degli episodi che abbiamo lascia prevedere il successivo, e non sappiamo del resto, fino a che punto il Satyricon rappresenti un romanzo secondo il nostro concetto moderno di questo genere letterario

MARZIALE

Quadro storico
La nuova dinastia imperiale, quella dei Flavi, oppone un programma di restaurazione morale e civile, forte del favore ottenuto con l'aver saputo riportare la pace e la concordia dopo la grave crisi giulio-claudia. Sul piano letterario spiccano soprattutto due fenomeni , la ripresa della poesia epica(Virgilio sarà il modello) e , in prosa, l’importanza di Cicerone e della retorica. Ci sono 2 aspetti del comportamento di Marziale che denotano una certa autonomia personale:l'amicizia che lo lega agli uomini di cultura del tempo, soprattutto provenienti dalla sua terra, e la conoscenza del valore dei suoi epigrammi, con la difesa anche del suo linguaggio spesso scurrile. Tuttavia, ricorre spesso nei suoi versi il tema della povertà che obbliga il poeta ad arrangiarsi e lo induce a guardare alla sua condizione di cliente come a una necessità imposta dalla situazione economica e sociale sua e dei suoi tempi.
Biografia di Marco Valerio Marziale
Nasce tra il 38 e il 41 d.c a Bilbili, una città della Spagna da una famiglia moderatamente benestante. Riceve una buona istruzione retorica e decidedi andare a Roma, è così introdotto nella buona società. Nell'80 d.C. L'imperatore Tito inaugura l'anfiteatro Flavio. Marziale celebra l'evento con la pubblicazione di un libro di poesie, dedicato a Tito, che descrivono gli spettacoli dati durante l'inaugurazione. Il libro, giunto fino a noi probabilmente in forma incompleta, è noto col nome di Liber Spectaculorum o Liber de Spectaculis. Il libro ottiene un discreto successo e Marziale viene nominato “tribuno militare”, una caria onorifica che gli permette di far parte della classe dei cavalieri pur non avendo reddito necessario. Marziale capisce che l'epigramma è la strada da seguire se vuole diventare qualcuno a Roma o 5 anni dopo, in occasione della festa dei Saturnali, escono 2 nuove raccolte, gli Xnenia(gli xenia erano i doni che i cittadini romani si scambiavano durante i Saturnali) e gli Apophoreta(significa cose da portar via;era uso, dopo i banchetti, distribuire ai commensali oggetti più o meno frivoli e mondani, che spesso venivano estratti a sorte, come in una lotteria, per le persone che erano state invitate a un banchetto. I metri degli epigrammi sono diversi, ma predomina il distico elegiaco. Sono queste le poesie che hanno dato a Marziale un posto di rilievo all'interno della letteratura latine.
Il genere dell'epigramma
A Roma l'epigramma non aveva una grande tradizione. L'origine risale all'età greca arcaica, dove la funzione dell'epigramma era essenzialmente commemorativa:era inciso ad esempio su pietre tombali, a ricordare una persona, un monumento, un luogo o un evento famoso. I temi sono di tipo leggero, amorose e descrittive, di presa in giro che, garbata e fine , poteva con estrema facilità diventare violenta se non apertamente oscena.
L'epigramma a Roma
Nella letteratura latina le prime composizioni epigrammatiche si trovano nelle iscrizioni funerarie.
Di fatto è solo con l'opera di Marziale che l'epigramma trova riconoscimento artistico. L'epigramma letterario latino nasce alla fine del II secolo a.C., acquistando importanza nel secolo seguente con i poetae novi, tra i quali spicca soprattutto il nome di Catullo, autore di 116 componimenti lirici, molti dei quali sono veri e propri epigrammi. Catullo ne valorizza la forma breve come la più idonea a esprimere sentimenti, gusti, passioni, cioè temi della vita individuale, nonché a farsi strumento di vivace aggressione politica. Marziale fare dell'epigramma il suo genere esclusivo, l'unica forma della sua poesia, apprezzandone la duttilità, la facilità ad aderire ai molteplici aspetti del reale.
La sua idea di poesia:
1.       il rifiuto della poesia contemporanea, soprattutto epica e tragica: vuota, priva di contatti con la realtà.
2.       vuole rappresentare l’uomo e la vita. Poesia che parli dell’uomo e di quello che è, dei suoi costumi. La vita deve riconoscere nella poesia i suoi costumi. La poesia può diventare uno specchio e deve far leggere all’uomo se stesso. Che cosa la poesia può far leggere all’uomo di sé? Non può portarlo nel suo animo; si limita a far conoscere gli usi di vita, le banali abitudini quotidiane. La poesia non può aiutare l’uomo a comprendere se stesso, ma fa comprendere con leggerezza come si vive.
Marziale è differente da Persio, il quale si proponeva l’idea di correggere, pensava che la poesia potesse avere una visione didascalica, mentre per Marziale la poesia non può correggere niente e inoltre il poeta non è un moralista.
È poi differente da Petronio, la cui opera è un ritratto profondo della vita e del caos insito nell’esistenza. Infine Marziale è differente da Giovenale, il quale era arrabbiato con il mondo, smaschera con rabbia.
Secondo Marziale non c’era motivo di fare tutto ciò: la poesia è uno strumento limitato che può offrire alla società un umile contributo, non deve porsi grandi obiettivi.
È però importantissimo fare in modo che la poesia diverta il lettore, perché altrimenti non segue e non si trova negli usi scritti.
Gli elementi indispensabili degli epigrammi sono:
  1. la brevità: esprimono una sola immagine perché la poesia è abituata alla superficialità;
  2. non ci deve essere nessun ragionamento: rifiuta a priori la riflessione. Descrive tutte immagini ad effetto in cui passaggi logici sono sottintesi;
  3. immagini che insistono soprattutto sulla sfera sessuale.







Il realismo
Marziale osserva lo spettacolo della realtà e dei vari personaggi che ne occupano la scena con uno sguardo deformante che ne accentua i tratti grotteschi. Unendo in se la curiosità del turista e l'esperienza del padrone di casa, Marziale si aggira tra le strade di Roma, convincendo il lettore a seguirlo nelle terme, dove i Romani si riunivano a chiacchierare di affari e politica oppure, i più poveri, a strappare un invito a pranzo; a seguirlo nei portici, dove si discuteva di letteratura;nei mercati, dove le mercanzie provenivano da tutto il mondo; nei fori, dove gli avvocati esercitavano il loro mestiere. In queste passeggiate per Roma, Marziale si ferma talvolta per indicare alcuni personaggi famosi, onesti e disonesti. La galleria di questi disdicevoli personaggi è molto ampia: ci sono ex schiavi che nascondono il loro passato sotto i ricchi mantelli di lana, i parassiti sempre alla ricerca di un invito a cena, i falsi filosofi, i cacciatori di eredità, le donne e gli uomini che non accettano l'età e si truccano per sembrare più giovani, i medici che fanno morire gli ammalati. L'atteggiamento del poeta è però quello di un osservatore attento ma per lo più distaccato, che raramente si impegna nel giudizio morale e nella condanna: una satira sociale che preferisce il sorriso all'indignazione risentita. Marziale, quindi, non è un moralista: non predica la verità, non si ritiene migliore degli altri, non vuole dare consigli. Il poeta vede la vita che lo circonda e la ritrae con un realismo che diventa pungente grazie a una buona dose di cinismo. I suoi epigrammi ritraggono la vita quotidiana in chiave comica. L'epigramma di Marziale sviluppa fortemente l'aspetto comico-satirico: in ciò prosegue un processo avviato gia
dal poeta greco Lucilio. Marziale non usa lo schema della satira, il lungo componimento creato da Lucilio, dove dominano l'analisi e la valutazione morale. La forma delle poesie di Marziale ricalca moduli precisi e ricorrenti: il poeta espone un fatto, descrive un personaggio, racconta una storia; la conclusione è una battuta fulminante, comica o pungente, che spesso sorprende il lettore.
Schema-tipo dell'epigramma
Lo studioso di letteratura Lessing è arrivato alla conclusione che le forme compositive di Marziale si possono ricondurre a uno schema-tipo, costruito su una prima parte, che descrive la situazione, l'oggetto, il personaggio, suscitando nel lettore una tensione di attesa, e la parte finale che, con effetto sorprendente scarica quella tensione di un paradosso. I temi degli epigrammi di Marziale sono veri, e investono l'intera esperienza umana: ci sono quelli radicati nella tradizione, ossia l'epigramma funerario, per la commemorazione di un defunto; in altre Marziale
riprende il tema del carpe diem oraziano, esortando i suoi amici a non limitarsi a vivere, ma a cercare di vivere bene, di godere ogni momento della loro vita, di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. Nell'epigramma di Marziale si crea un rapporto tra la parte oggettiva(la descrizione di un oggetto o di un personaggio) e la parte soggettiva(l'intervento personale del poeta). Un'altra serie di epigrammi ha invece procurato qualche problema alla fama postuma di Marziale: si tratta delle numerose poesie dedicate agli imperatori, ricche di un'adulazione il più delle volte esagerata. Molti sono gli epigrammi di polemica letteraria, in cui l'autore illustra le sue scelte poetiche o lamenta
la decadenza delle lettere e del mecenatismo.

Il linguaggio realistico
Una scelta di poesia realistica come quella che Marziale pratica comporta naturalmente un linguaggio e uno stile conformi, aperti alla vivacità dei modi colloquiali e alla ricchezza del lessico quotidiano. La palese oscenità di non poche delle sue poesie non ha mai cessato di costituire l'ostacolo maggiore a un giudizio sereno sulla qualità della sua ricchissima produzione poetica.











GIOVENALE

GIOVENALE

LA VITA
Le notizie sulla vita di Giovenale sono estremamente povere ed incerte. Egli nacque, probababilmente intorno al 60 d.C. La posizione sociale e la situazione economica di Giovenale, che affiorano dalle Satire e da tre epigrammi di Marziale, sono quelle di un tipico esponente del “ceto medio” urbano. Di qui la necessità di accettare il ruolo di “cliente”, di porsi in altre parole al servizio di un ricco patronus, sottostando alle umiliazioni e ai disagi più volte descritti nelle Satire. Incerte sono anche le notizie sulla sua formazione, che pare comunque legata alle scuole di retorica e di eloquenza. A quanto pare, incominciò a pubblicare i cinque libri delle sue Satire solo in età matura: i primi due sotto Traiano e gli ultimi tre sotto Adriano.

LE SATIRE

Di Giovenale ci sono pervenute 16 Satire in esametri, divise in cinque libri. Fra i primi tre libri e i due successivi si nota un netto distacco: le prime nove satire nascono, infatti, dalla indignatio e sono caratterizzate da un tono aggressivo nella rappresentazione realistica dei vizi, le ultime sette rivelano invece una chiara matrice diatribica (genere letterario tipico della divulgazione morale e filosofica,).Nella satira proemiale Giovenale afferma di vedere davanti a sé una società che ha raggiunto il limite estremo della corruzione. Per evitare persecuzioni e condanne, il poeta sarà costretto a descrivere nelle sue satire l’epoca degli imperatori ormai defunti, ma la società malata di cui parla è quella attuale. In questa prima satira Giovenale afferma di volersi inserire nel genere letterario fondato da Lucilio e portato a perfezione da Orazio, ma la sua osservazione della realtà è lontanissima da quella indulgente di Orazio, poiché è compiuta sempre attraverso l’indignatio e cogliendo non tutti gli aspetti dell’esistenza umana, ma soltanto quelli negativi. La società descritta da Giovenale si manifesta soprattutto nella ricerca esasperata del lusso, in uno sfrenato consumismo, nel soddisfacimento di ogni piacere senza alcun rispetto per la “giusta misura”, per il modus. Straordinari esempi di perversione ed eccesso si hanno nella descrizione dei banchetti dei ricchi, nella gara di sfarzo nelle abitazioni e nell’abbigliamento, ma soprattutto nel comportamento delle donne. Oltre che dai vizi, Giovenale è urtato da molti aspetti innovativi della società imperiale. Il crescente cosmopolitismo ha riempito l’Italia di Greci ed orientali, nei quali il poeta vede gli importatori del vizio e di culti perversi. Il modello etico sulla base del quale Giovenale condanna la società contemporanea è quello tradizionale della Roma repubblicana, che ad ogni modo non ha alcun carattere socialmente “progressivo”: è anzi il ritorno a un mondo rurale privo di apporti stranieri, in cui ogni ceto deve far bene la sua parte standosene nel posto assegnatogli dalla gerarchia sociale. Questo atteggiamento di rifiuto del proprio tempo non è probabilmente solo il frutto di un’esasperazione individuale, ma riflette il modo di pensare di una parte della popolazione romana ed italica di condizione libera, ma economicamente debole, che non si sente partecipe dei benefici della nuova realtà politica e sociale. La poetica di Giovenale presenta una trasformazione abbastanza netta dalla satira X. L’enfasi della denuncia appare finita, è dato più spazio all’ironia, e il contenuto della satira si esprime in forme più indirette. Forse Giovenale si rese conto dell’inutilità di una denuncia che si limitasse a descrivere le manifestazioni del vizio e cercò quindi di giungere alle radici del male, ai modelli etici che stavano alla base dei comportamenti individuali e collettivi. Nelle ultime sette satire, in effetti, sono passati in rassegna i grandi temi morali (la fides, l’amicizia, l’educazione dei giovani) ed è proposto un modello positivo di saggezza, senza tuttavia uscire mai dai luoghi comuni dell’etica diatribica.
LA LINGUA, LO STILE
Giovenale articola spesso il discorso morale in una successione di scenette, ma descrive la realtà seguendo schemi retorici che accentuano l’enfasi ed esasperano i toni, con un’evidente ricerca di effetto. Giovenale conferisce al proprio discorso non il tono colloquiale del sermo, ma l’enfasi del dramma, che richiama il teatro tragico. Proprio questa caratteristica dello stile di Giovenale ha fatto sì che molti dei suoi versi siano diventati veri e propri proverbi. Gli elementi di stile elevato che nella tradizione satirica erano entrati finora esclusivamente a fini di gioco parodistico, hanno in Giovenale una presenza più larga. Il lessico della tradizione poetica illustre serve, oltre alla vera e propria parodia, a dare solennità e autorevolezza agli esempi, e ad elevare il pathos satirico.

LA FORTUNA

Le Satire di Giovenale non godettero di grande popolarità presso i contemporanei: non vengono ricordate da Marziale negli epigrammi dedicati all’amico Giovenale e neppure da Plinio il Giovane, che nelle sue lettere si dimostra un curioso ed attento osservatore della vita intellettuale romana. Vennero “riscoperte” nel IV secolo e proprio per il suo rigore morale, Giovenale fu tra i poeti più letti nel Medioevo. Grande popolarità godette specialmente nel Seicento e nel Settecento europei.

PERSIO - GIOVENALE

Entrambe sono autori separati da mezzo secolo, infatti Persio visse sotto Nerone, mentre Giovenale sotto i Flavi.
Hanno condotto una vita ai margini(sia a livello biografico che culturale): di fatto non ebbero gli appoggi necessari per entrare nei circoli dell'’mperatore.
Persio, anche se ebbe piu’ successo, mori’ giovane ( 28 anni) e non pote’ cosi’ realizzarsi pienamente.
Giovenale  invece si appoggiò ad alcuni potenti dai quali però non ebbe mai una sicura protezione.
Per loro, Roma era in un’ età di degenerazione e corruzione e l’unico strumento di denuncia nelle loro mani era la satira.Cosa c’era che non andava a Roma?               
ü  Le famiglie imperiali non costituivano piu’ un modello dal quale trarre spunto
ü  La societa’ romana era ormai composta da individui che si erano fatti dal niente: non avevano una base nobiliare o economica ( vedi Trimalcione)
ü  Aumentavano sempre di piu’ quelli che venivano meno ai valori del mos maiorum, cercando il lusso e la lussuria.
Molti personaggi delle loro satire rappresentano questo mondo.

Differenze Persio scrisse 6 satire
Giovenale ne scrisse 16 raggruppate in 5 libri
Persio à Ebbe una formazione morale e filosofica stoica: denunciando i limiti della societa’ romana, invita l’uomo a una vita piu’ appartata, piu’ sana, all’autosufficienza  e alla saggezza. Compose satire molto duro, sembro’ credere pero’ in un’alternativa (utopistica) della solitudine stoica.
Giovenaleà Era convinto dell’irrecuperabilità della societa’ romana. Sembra non prendere in considerazione l’idea di una redenzione. Toni e lingua si fanno così aspri e duri.

PERSIO


Persio: la satira

L’opera comprende sei libri e c.ca 650 esametri. All’inizio della prima satira troviamo un’aspra requisitoria contro la letteratura del tempo, dettata solo dalla convenienza. Egli infatti colloca la propria produzione sotto il segno del verum. Persio rappresenta il primo stereotipo del poeta aggressivo, utilizzando il sermo, ovvero la conversazione urbana e uno stile non elevato. Nonostante questa scelta Persio vuole che la sua satira risulti chiara e tornita, infatti utilizza la iuctura acris che rende i suoi testi ardui e inconfondibili. Il soggetto della satira sono i mores, i comportamenti dei romani ma non in generale, ma in quanto corrotti. Egli vuole attuare una sorta di intervento medico per curarli attraverso un’impostazione moralistica . Per questo si distanzia dalla satira luciliana e oraziana che era + satira d’intrattenimento. Lo stile è personalissimo in cui notiamo inclinazioni apparentemente divergenti come il parlare colloquiale, che evita ogni pretenziosa elevatezza, e la volontà e la capacità di manipolare la lingua, creando relazioni inedite fra le parole in modo da smascherare ipocrisia e corruzione in nome del verum.


PERSIO..
SCHEMA GENERALE:
La produzione poetica di Persio consiste in 6 satire, scritte in esametri, utilizzati anche da Orazio e Lucilio.
  • COLIAMBI (sono n° 14) e I SATIRA= aspra polemica contro le tendenze culturali del tempo.
  • II SATIRA= Persio critica chi pratica una religiosità solo esteriore. Nella II satira il tema principale è caratterizzato dalle preghiere rivolte agli dei;
III SATIRA= critica chi non cerca il vero significato della vita. nella III satira, invece, Persio afferma l’importanza degli studi di filosofia, anche richiamando la virtus in Lucilio.La seconda parte della satira affronta il tema delle malattie dello spirito e il topos della corruzione visto come una sorta di morbo morale.
  • IV SATIRA= si deve conoscere se stessi e non criticare gli altri.
V SATIRA= E’ fondamentale la parte iniziale della V satira, in cui interviene lo stesso Anneo Cornuto. In tali versi da una parte Persio sceglie una voce misurata, dall’altra vuole che sia teres: ben rifinita.Quindi si propone uno stile non elevato, ma al contempo cura l’elaborazione formale (iunctura acris). La realtà, invece, è costituita dai mores, cioè dai comportamenti umani; tali mores non sono presi in considerazione in generale, bensì in quanto pallentes (pallidi a causa della malattia) e quindi corrotti (per questo motivo il poeta satirico è un medico).
  •  VI SATIRA= riflessione sull’uso dei beni che deve essere moderato.

CARATTERISTICA GENERALE= c’è una forte tensione morale; Persio, inoltre, osserva e critica quei comportamenti troppo lontani dal “modus vivendi” ispirato alla libertà interiore.

Un genere contro corrente: la SATIRA.
La I Satira si apre con un verso riconducibile a Lucilio e che anche dante riprenderà in una delle sue opere. La scelta del genere satirico si pone proprio in opposizione alla letteratura empia dell’età di Nerone. Persio vuole cantare il “vero” al suo anonimo interlocutore, secondo il modello diatribico.





FEDRO


FEDRO

La fortuna di Fedro va dalle scuole antiche ai nostri ginnasi, il suo merito da umile liberto è stato quello di riprendere dalla letteratura greca le opere di Esopo. Non bisogna però ridurre l'opera di Fedro ad una semplice copiatura perché non è così, egli apporta delle importanti modifiche, prima di tutto la brevitas e poi dalla prosa di Esopo e gli passa alla poesia, utilizzando comunque un metro umile: senario giambico, proprio della tradizione dei generi più popolari. L'opera è divisa in cinque libri e conta in tutto in 93 favole, ogni libro è caratterizzato da un prologo, il primo libro conta 31 favole, il secondo otto, il terzo 19, il quarto 25 e l'ultimo 10. Si può da una parte giustificare lo scarso numero di favole dell'ultimo libro, ma più difficile risulta giustificarne il secondo di cui probabilmente furono soppresse alcune favole di probabile allusione politica. Tuttavia l'opera di Fedro doveva contenere più favole di quelle che ci sono giunte, ciò è dimostrato dalla scoperta da parte dell'umanista Niccolò Perotti di un codice contenente un'altra trentina di favole: Appendix Perottina. L'importanza di Fedro sta nell'aver introdotto nella letteratura latina un genere letterario. È importante ricordare comunque che la figura di Esopo, un è leggendaria ma lui comunque attribuito il merito di aver raccolto per la prima volta in forma scritta favole che appartenevano esclusivamente alla oralità. La scelta degli animali ha un'importanza essenziale, parlando di una società a di contadini e pastori che stavano sempre a contatto con gli animali non si poteva utilizzare immagine migliore. Il rapporto tra una volpe (protagonista di una favola) e un uomo è indifferente dal confronto tra un leone e un uomo, il primo caratterizzato dalla furbizia o il secondo dalla forza. Gli uomini dell'epoca capivano il senso di tali similitudine riconoscendo negli animali uno specchio. A differenza delle opere mitologiche, nelle quali gli animali si comportano come uomini, dove si trattano canoni di comportamento, nelle favole vengono interpretati come semplici consigli. La forma allegorica permette di esprimere una polemica molto acuta, ponendo l'attenzione sulle classi inferiori in una società dominata dai potenti. Tuttavia si nota un certo pessimismo dato dalla consapevolezza che è difficile un cambiamento. Nella letteratura moderna famosi estimatori furono Trilussa e la Fontaine.