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sabato 31 luglio 2010

l'IDEALISMO: FICHTE E SHELLING


L’ IDEALISMO TEDESCO

Il periodo che va dalla fine del Settecento all’inizio dell’Ottocento è molto fecondo per la filosofia tedesca. Nel Settecento l’Illuminismo francese aveva monopolizzato i dibattiti culturali svilendo l’identità nazionale dei vari paesi europei che pensavano tutti ormai alla maniera dei phylosophes.
Anche se alcuni degli ideali illuministici sopravvivranno nel Romanticismo, la sensibilità romantica si distacca dal classicismo francese soprattutto per una nuova concezione dell’estetica: essa, infatti, non è più vista come una scienza che deve dettare le regole all’opera d’arte dato che sarà il genio a creare il bello senza copiare gli antichi.
Il tema centrale del Romanticismo e dell’Idealismo che ne rappresenta l’espressione filosofica è incentrato sul rapporto tra finito ed infinito nel perenne tentativo di liberare il finito dai suoi limiti perché possa cogliere l’infinito. Questa ansia di infinito fornisce una spiegazione alla nuova concezione della religione intesa come rapporto immediato con Dio, fondato sulla fede e non sulla ragione, che aveva mostrato i suoi limiti nell’età illuministica.
L’ Idealismo si inserisce nella questione lasciata insoluta da Kant, cioè l’ inconoscibilità da parte della ragion pura della cosa in sé, del noumeno. I tre grandi filosofi dell’idealismo Fichte, Schelling ed Hegel faranno dell’IO la realtà per eccellenza mentre l’oggetto diventerà una produzione del soggetto.
L’Idealismo che in Kant era stato puramente formale (nel senso che la forma della natura dipende dal modo di conoscerla del soggetto) con i filosofi post-kantiani si fa totale: la realtà dipende per loro in ogni suo aspetto del pensiero, ma per questo il pensiero non può essere visto come pensiero del singolo bensì come un pensiero unico e universale, quello che si chiama l’ IO puro.

Nel periodo che va dalla pubblicazione della “Dottrina della scienza” di Fichte fino agli scritti del giovane Marx (1795 e prima metà dell’800), la filosofia vive l’ultima sua grande avventura metafisica che si raggoglie intorno ad alcuni autori tedeschi e che prende il nome di Idealismo.
Si sviluppa essenzialmente in Germania ed è legata a tre nomi:Fichte, Schelling, Hegel.
L’idealismo trova la sua formazione più compiuta in Hegel, per questo definito idealismo assoluto tant’è vero che fino a pochi decenni fa il pensiero di Fichte e Shelling veniva ritenuto funzionale a quello hegeliano e in questo senso oscurato da quello hegeliano nella sua originalità.
Le caratteristiche comuni all’idealismo come movimento filosofico sono:
1.        La sistematicità del sapere ® il sapere viene esposto come sistema: ogni elemento che compone il sapere e la realtà trova la sua collocazione e relazione con tutti gli altri (come Aristotele).
2.        La considerazione della filosofia come scienza assoluta ®scienza delle scienze: la filosofiaa è totalizzante, abbraccia tutta la realtà.
3.        Idealismo legato alla lingua tedesca  ovvero è la lingua filosofica per eccellenza nel mondo moderno: la Germania e il tedesco sono la versione moderna della Grecia e della lingua greca.           
C’è uno stretto legame tra filosofia e linguaggio.


















Fichte (1762)
Vita
Nasce nel 1762 da una famiglia molto povera e inizialmente non ha la possibilità di studiare. Due episodi segnano la sua vita in modo decisivo: il primo avviene quando a dodici anni incontra un ricco signore che lo porta a Lipsia Fichte e gli paga gli studi. Il secondo episodio avviene quando Fichte ha circa trent’anni ed è l’incontro con Kant; Fichte aveva letto la critica della ragion pratica ed era rimasto colpito. Fichte diventa libero docente all’università di Iena ed inizia l’insegnamento nel 1794. Le sue lezioni hanno grande successo ma soprattutto Fichte diventa famoso grazie ad una serie di conferenze pubbliche nelle quali divulga la filosofia idealistica; queste conferenze sono note come “Lezioni sulla missione del dotto”.
Fichte oltre a sottolineare l’importanza della Germania per la rinascita culturale e spirituale europea afferma che “La filosofia che si sceglie dipende dall’uomo che si è”, cioè la nostra personalità è coinvolta nella filosofia.
L’idealismo non è un sistema filosofico a cui aderire, ma un qualcosa che coinvolge profondamente l’animo umano Culturalmente isolato e in difficile situazione economica muore a Iena nel 1814.Ben presto Fichte si avvicinò alla filosofia kantiana che rivoluzionò il suo pensiero e la sua vita. Fichte scrutò a fondo le tre critiche per scoprire il principio di base che le unificava e che Kant non aveva rivelato.  Infatti Fichte era convinto che Kant aveva fornito tutti i dati per costruire il sistema, ma non lo aveva costruito. Lo scopo di F.  è quello di costruire questo sistema trasformando la filosofia in una rigorosa scienza che scaturisca da un principio primo supremo: è questa la “Dottrina della scienza”.

Dall’io penso all’io puro

F. mette in discussione l’io penso e la cosa in sé, contrapponendo al primo l’io puro inteso come intuizione pura che si autopone e crea così tutta la realtà.  F. ci parla di Idealismo e di Dogmatismo. L’Idealismo è la concezione che muove dall’io puro e riconosce nell’io puro la sorgente di tutta la realtà. Il Dogmatismo invece è la concezione che muove dalla natura e fa scaturire dalla natura le leggi stesse del pensiero. F. afferma la superiorità dell’Idealismo sul dogmatismo  nell’attività pratica poiché l’Idealismo è libertà in quanto afferma l’autonomia dell’io nei confronti della natura, mentre il Dogmatismo è passività perché affermando la priorità delle cose subordina l’io ad esse.

La dottrina della scienza

Il primo principio dell’idealismo: L’Io pone se stesso.
Per Aristotele, il principio della scienza era il principio di non contraddizione, nella filosofia moderna, e anche per Kant, il principio incondizionato era il principio di identità: A=A. Per F. questo principio deriva da un altro principio perché il principio A=A ci dice solo che se esiste A, allora A=A
L’io, in quanto attività creatrice è per definizione assoluto, ovvero in-condizionato e infinito, che non dipende da altro, ma da cui tutto il resto dipende.
Egli afferma invece che l’azione precede l’essere, l’essere deriva dall’azione e non viceversa.
L’Io è pertanto un’intuizione intellettuale. F la intende come l’auto-intuizione immediata che l’io ha di se stesso in quanto attività autocreatrice.

Il secondo principio: l’Io oppone a sé un non-io

Al principio dell’autoposizione dell’Io F. contrappone un altro principio di opposizione: l’io oppone a sé il non-io. Dunque, è l’Io che, così come pone sé, oppone qualcos’altro a sé. L’io pone se medesimo come qualcosa di dinamico (come azione), e il porsi comporta necessariamente lo scaturire di qualcos’altro, ossia la posizione di qualcos’altro e quindi la posizione di un non-io. Questo non.-io si trova all’interno dell’Io stesso poiché nulla è pensabile al di fuori dell’io. Se il primo momento è quello della libertà, il secondo, dell’opposizione, è il momento della necessità.
Il terzo principio: l’opposizione nell’Io dell’io limitato al non-io limitato.
Il terzo principio rappresenta il momento della sintesi. L’opposizione di io  e non-io avviene nell’io. Questa opposizione non è tale che l’io elimini il non-io e viceversa, ma l’uno delimita l’altro e viceversa. E’ evidente che la produzione del non-io non può sorgere se non come limite dell’io. F. identifica questo terzo momento con la kantiana sintesi a priori;

Spiegazione idealistica dell’attuività conoscitiva

Perché il soggetto ritiene che l’oggetto sia altro da se tanto da sentirsi affetto ad opera di esso? F. riprende la figura teoretica dell’immaginazione produttiva di Kant. In Kant, questa determinava a priori la forma pura del tempo, fornendo gli schemi alle categorie. In F. l’immaginazione produttiva diventa creatrice inconscia degli oggetti. Proprio perché si tratta di produzione inconscia, il prodotto ci appare come altro da noi.
Se ci poniamo dal punto di vista della riflessione comune, noi ci formiamo la salda convinzione che le cose abbiano realtà fuori di noi e che esistano senza il nostro intervento. Ma quando ragioniamo in termini di filosofia, riflettiamo su quelle tappe del processo conoscitivo e sulle loro condizioni, allora, acquistiamo coscienza del fatto che tutto deriva dall'’io, e così ci avviciniamo all’autocoscienza pura. E’ evidente che l’autocoscienza pura rimane come un limite cui ci si può avvicinare ma che non si può mai raggiungere, proprio per ragioni strutturali.

La missione dell’uomo e del dotto nella società

Il compito dell’uomo è quello di vivere in società per farsi libero e rendere liberi gli altri. In quest’opera di progressiva conquista della libertà si attua l’unificazione di tutti gli uomini, con i viventi e con quelli che anche nel passato operarono per raggiungere lo stesso scopo. Per realizzare adeguatamente questo scopo si richiede una mobilitazione di coloro che ne possiedono la maggior consapevolezza teorica, cioè i dotti. Il dotto è l’uomo colto che ha maggiore consapevolezza di essere parte dell’io puro. Egli annullando i propri interessi personali, ha il dovere di porre la sua cultura a disposizione del popolo di cui egli diventa così guida e maestro.

 

I Discorsi alla nazione tedesca

Si tratta di una delle opere più singolari apparse sulla scena filosofica in cui si intrecciano elementi di scienza politica, filosofia della storia, pensiero religioso, teoria dell’educazione dottrina morale, filosofia del diritto….
Il fine di questi discorsi è l’educazione. Ma dal piano pedagogico si passa subito al piano nazionalistico.
Con questi discorsi, pronunziati tra il 1807 ed il 1808 dopo che la Germania aveva perduto l’indipendenza per l’invasione napoleonica, Fichte intende suscitare la rinascita del popolo tedesco. In essi è affermato il principio del pangermanesimo (nazionalismo romantico), cioè il primato della nazione tedesca sulle altre, primato che le assegna la missione di essere guida agli altri popoli, perché essa sola ha conservato attraverso i secoli la purezza della lingua, del carattere e della religione. Le parole di F. sono state travisate nel XX sec. Poiché egli parlava ad una nazione sottomessa che doveva ribellarsi alla sua condizione; invece le sue parole furono lette come monito al popolo tedesco affinché facesse prevalere la sua superiorità su tutti gli altri popoli.



SCHELLING.
Vita

Nato nel 1775 da un pastore  protestante che coltiva studi biblici e avvia fin dall'infanzia Friedrich alla conoscenza del mondo antico.
Frequenta una scuola teologica dove instaura la prima amicizia importanti per il suo pensiero filosofico: il poeta Holdering.
Viene ammesso a soli 15 anni alla scuola  di Tubinga, dove e' compagno di camera di  Hegel e dello stesso Hoelderlin.
. Dopo aver incontrato  Fichte e aver letto la prima parte (quella teoretica) della Dottrina della scienza, getta le basi della propria filosofia della natura con le Idee per una filosofia della natura e la prima versione di Sull'anima del mondo.
Nell’estate del 1798 si trasferisce da Lipsia a Jena, chiamato dalla locale Universita' (grazie anche ai buoni uffici di Goethe), di fatto in sostituzione di Fichte, costretto a dimettersi in seguito alla polemica sull'ateismo. Qui entra in contatto con i principali esponenti del circolo romantico. Il 20 agosto 1854 muore a Bad Ragaz in Svizzera, dove si trovava in villeggiatura.



Schelling è un pensatore molto precoce, che raggiunge il massimo successo a soli 25 anni: nel 1800 circa, ad appena 32 anni, comincia già ad essere eclissato dall'astro nascente di Hegel, che peraltro era più anziano di lui. Pur essendo più giovane di Hegel, Schelling ne fu per qualche anno il maestro e, anche quando Hegel morirà, Schelling gli sopravviverà per circa 20 anni, dando vita ad una filosofia successiva ad Hegel ed in polemica con lui. Il pensiero di Schelling presenta, come già quello di Fichte, diverse fasi e, grosso modo, se ne possono individuare 5:
  Periodo fichteano , ovvero momentanea adesione alle tesi di Fichte
  Periodo della Filosofia dello Spirito e della Filosofia della Natura , ovvero elaborazione di un proprio pensiero autonomo
  Periodo della Filosofia dell'Identità , ovvero identificazione tra Natura e Spirito
  Periodo della Filosofia della Libertà , in contemporanea all'incipiente successo di Hegel
  Periodo della Filosofia Positiva , successiva alla morte di Hegel
Schelling parte dalla filosofia di Fichte e, anche quando se ne discosterà, manterrà pur sempre qualche legame con essa. Tuttavia, dopo un primo periodo di adesione netta alla filosofia fichteana, Schelling passa alla sua prima fase autonoma (Filosofia dello Spirito e Filosofia della Natura) effettuando un ragionamento di questo genere: secondo Fichte, l'Io pone il non-Io, ovvero il soggetto (lo spirito) pone l'oggetto (la natura. Tuttavia, nota Schelling, se la natura è stata creata dallo spirito, allora vorrà dire che la natura ha la stessa essenza dello spirito, o, in altri termini, è lo spirito stesso che si manifesta in modo diverso. Da qui deriva quello che Schelling definisce carattere spirituale della natura , a sottolineare che la natura è un prodotto dell'Io (la cui prerogativa è la spiritualità). La natura si riveste così delle caratteristiche tipiche dello spirito e ne consegue che la concezione schellinghiana della natura sarà di stampo vitalistico. La filosofia di Fichte era rappresentabile tramite una semiretta, poichè vi era un punto di partenza (l'Io che poneva il non-Io) e uno slancio infinito: egli insisteva molto sul fatto che la natura fosse non-Io. Schelling invece forza in un'altra direzione, tendendo a sottolineare che Io (spirito) e non-Io (natura) siano la stessa cosa, poichè l'uno è il derivato dell'altro. Ecco dunque che la filosofia di Schelling si può configurare come Filosofia dello Spirito e della Natura.Se per Fichte si partiva dall'Io e si andava avanti all'infinito, con Schelling, una volta posto il non-Io, da quello si deve ritornare all'Io. Vi è infatti una sorta di circolarità tra natura e spirito poichè lo spirito pone la natura e la natura fa emergere lo spirito.
 Immediatamente successiva alla filosofia dello spirito e della natura è la fase della Filosofia dell'identità . Schelling attribuisce pari dignità allo spirito e alla natura, poichè si richiamano a vicenda, con la conseguenza che nè l'uno nè l'altro può essere l'Assoluto. Per Fichte l'Assoluto poteva tranquillamente essere lo spirito (l'Io) poichè era su un gradino superiore rispetto alla natura; con Schelling, invece, natura e spirito assurgono a pari dignità e ne consegue che l'Assoluto dovrà essere qualcosa che non è nè lo spirito nè la natura, ma che si colloca al di là di essi. Sarà Assoluto, diche Schelling, l' Identità assoluta di soggetto e oggetto . Si tratterà di un livello che si colloca al di là della distinzione soggetto/oggetto. Tipicamente romantica, oltre alla concezione spiritualizzata della natura, è la posizione privilegiata che Schelling riserva all' arte come strumento conoscitivo. Come la realtà è assoluta, anche il modo di conoscerla dovrà essere immediato, coglibile con un'intuizione che colga subito l'identità. Ecco perchè l'arte è lo strumento più adatto secondo Schelling, proprio perchè essa è quell'espressione dell'uomo in cui soggetto (spirito) e oggetto (natura) sono fusi: nella creazione dell'opera d'arte, infatti, cooperano una dimensione di naturalità (l'ispirazione artistica) e una dimensione cosciente e razionale. L'arte risulta essere lo strumento più adeguato per cogliere l'Assoluto perchè presenta un'evidente affinità con esso. E così Schelling, riconoscendo il primato dell'arte, è costretto dal suo stesso pensiero ad esulare dalla filosofia e a naufragare verso l'arte, come Fichte verso la religione.
La filosofia dell'Identità si trasforma poi, secondo una logica ben definita, in filosofia della Libertà e, in un secondo momento, in filosofia Positiva. Da questo momento, il pensiero schellinghiano si avvita su speculazioni sempre più complesse di ordine mistico-religioso. Ed è con queste riflessioni che si entra nella fase dellaFilosofia della libertà , caratterizzata dalla rinuncia al panteismo e dalla netta accettazione del teismo: alla natura divina si sostituisce cioè il Dio-persona. Dunque Schelling, ammettendo il dualismo in Dio e distinguendo tra esistenza e fondamento, non dice che in Dio c'è il male, bensì che in Dio c'è il principio del male, del decadere, del frantumarsi della realtà e, in ultima istanza, della possibilità di scelta tra bene e male: e proprio per questo la filosofia di questo periodo è designata col nome di Filosofia della Libertà. Si può notare che nella storia secondo Schelling si manifesta Dio stesso.
 Con la Filosofia Positiva si resta su un terreno ancora più religioso: Schelling ripensa alla filosofia dell'ormai defunto Hegel e alle altre fiorite in quegli anni e le definisce filosofie negative , contrapponendo ad esse la nuova filosofia da lui stesso elaborata in quegli anni: la Filosofia Positiva. Si tratta di filosofie negative nel senso che sono limitate dall'aver chiarito l'essenza ma non l'esistenza: hanno cioè spiegato il quid est (che cosa è) ma non il quod est (il fatto che una cosa esista). Ecco dunque che Schelling si propone di integrare le filosofie negative con l'elaborazione di una filosofia positiva che non si limiti ad indagare sulle condizioni negative della realtà (l'essenza), ma anche su quelle positive (dal latino positum , 'posto' dall'atto libero di Dio), ovvero sull'esistenza. Pur essendo profondamente cristiano, Schelling non ritiene che il cristianesimo sia la sola religione 'vera' rivelata da Dio, bensì sostiene che pure le altre sono state rivelazioni divine, seppur indirette, come cioè se si fosse rivelato all'uomo con la mitologia pagana (Filosofia della mitologia). Ed è però ai Cristiani che si è rivelato direttamente (Filosofia della rivelazione). Come Fichte, anche Schelling ha un esito extra-filosofico: egli esce piuttosto in fretta dal tracciato filosofico per rifugiarsi prima nell'arte e poi nella religione. Di sfuggita, si può notare come Schelling, pur non essendo un esistenzialista, abbia aperto spiragli in quella direzione : non a caso Kierkegaard, precursore dell'esistenzialismo, resterà colpito dai suoi insegnamenti.

1 commento:

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